potenzialità terapeutiche del cardo mariano ( Silybum marianum L.) e del suo principale costituente, la silimarina, sul cancro, malattie del fegato e altre malattie 

cardo mariano

S. marianum è stato oggetto di migliaia di indagini etnofarmacologiche, sperimentali e cliniche. Sebbene la pianta sia disponibile per l’uso come integratore alimentare, la FDA non ne ha ancora approvato l’uso per la terapia del cancro. Al giorno d’oggi sono in corso indagini cliniche dove è necessaria una evidenza globale della sua reale efficacia.

Le prime notizie su questa pianta si trovano nell’Antico Testamento (Genesi 3:18). Nell’antica Grecia, il Silybum marianum veniva somministrato per curare le disfunzioni epatiche. È stato anche scoperto che le medicine indiane e cinesi utilizzavano il Silybum marianum nella pratica clinica per problemi al fegato e alla cistifellea. La sua azione epatoprotettiva è stata dimostrata da molti ricercatori . Grazie alle sue proprietà salutari, la silimarina, un estratto dei frutti del cardo mariano, è stata classificata dall’OMS negli anni ’70 come medicinale ufficiale con proprietà epatoprotettive .

 

Per più di 2000 anni, il Silybum marianum L. (cardo mariano) è stato utilizzato per il trattamento di diverse complicazioni come ittero, epatite e tumori. È stato inoltre dimostrato che la silimarina, un flavonolignano estratto dalla pianta, dimostra effetti chemiopreventivi contro i tumori. Questa rassegna di brevetti presenta e discute i recenti brevetti riguardanti gli effetti antitumorali di S. marianume silimarina. I dati sono stati raccolti cercando un’ampia revisione della letteratura condotta in Google Scholar, PubMed, Scopus, Google Patent, Patent Scope e US Patent. Cardo mariano e silimarina sono stati utilizzati in una varietà di campi medici, terapeutici e farmaceutici, secondo un gran numero di documenti e brevetti. Il cardo mariano e la silimarina sono stati utilizzati come trattamenti complementari per tumori come tumori della pelle, della prostata e del colon-retto, nonché agenti epatoprotettivi. La silimarina esercita un effetto chemiopreventivo sulla riattivazione delle vie di morte cellulare modulando le proteine ​​antiapoptotiche e sinergizzando con gli agonisti dei recettori del dominio della morte. Sulla base dei risultati di questi brevetti, la silimarina potrebbe essere utile ai pazienti oncologici, in particolare per il trattamento degli effetti collaterali dei chemioterapici antitumorali.

Il Silybum marianum L., noto come cardo mariano, è utilizzato da più di 2000 anni per diverse malattie e ha una lunga storia come pianta medicinale nella medicina popolare contro disturbi del fegato, problemi renali, reumatismi, disturbi gastronomici, disturbi cardiaci e bile disturbi correlati alla vescica come ittero, epatite e cirrosi . La pianta è un’erba alta e biennale che cresce fino a 5-10 piedi. È inoltre caratterizzato da grandi foglie spinose, grandi capolini violacei e forti steli spinescenti. Il cardo mariano prende il nome dalle sue vene lattiginose sulle foglie. La pianta è originaria del Sud e del Nord America, Australia, Europa meridionale, Nord Africa e alcune regioni dell’Asia.

È tradizionalmente usato in Europa come verdura nelle insalate, ei semi sono usati come galattagogo per le madri che allattano . Nel libro “Al-Hashaish Dioscorides” (che è una delle fonti della medicina tradizionale), questa pianta viene introdotta con il nome “Harshfbari” e con l’immagine del cardo mariano, e le sue proprietà e altri nomi sono simili ad altre fonti della medicina tradizionale iraniana . S. marianum  ha effetti protettivi contro diversi veleni biologici (come micotossine, veleni di serpente e tossine batteriche) e veleni chimici (come metalli, fluoruro, pesticidi, agenti cardiotossici, neurotossici, epatotossici e nefrotossici) È stato dimostrato che la silimarina riduce significativamente la perossidazione lipidica e mostra effetti antiossidanti, antiipertensivi, antidiabetici ed epatoprotettivi. Precedenti progetti di ricerca hanno rivelato che S. marianum riduce la vitalità, l’adesione e la migrazione delle cellule tumorali mediante l’induzione dell’apoptosi e la formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), riducendo i livelli di glutatione, linfoma a cellule B 2 (Bcl-2), sopravvivenza, ciclina D1, dominio intracellulare Notch 1 (NICD), oltre a migliorare la quantità di livello di proteina X (Bax) associata a Bcl-2 .

Il principale costituente dell’estratto di cardo mariano è la silimarina, che si trova nelle foglie, nei semi e nei frutti (. Contiene circa il 70-80% di flavonolignani (p. es., silibina, isosilibina, silicristina, isosilicristina e silidianina) e altri flavonoidi (p. es., taxifolina, quercetina e apigenina). Il restante (20-30%) è rappresentato da una frazione flavonoidica polimerica relativamente indefinita. I flavonolignani (tranne la silidianina) esistono nella silimarina come coppie diastereomeriche denominate A e B in vari rapporti . La silibina è anche l’elemento principale della silimarina e ha i più alti effetti terapeutici rispetto ad altri flavonolignani

La silimarina è l’estratto di Silybum marianum, o cardo mariano, e il suo principale composto attivo è la silibina, che ha un notevole effetto biologico. Viene utilizzato in diversi disturbi del fegato, in particolare malattie epatiche croniche, cirrosi e carcinoma epatocellulare, per il suo potere antiossidante, antinfiammatorio e antifibrotico. Infatti, l’effetto antiossidante e antinfiammatorio della silimarina è orientato alla riduzione dei danni epatici correlati al virus attraverso l’attenuazione della cascata infiammatoria e la modulazione del sistema immunitario. Ha anche un effetto antivirale diretto associato alla sua somministrazione endovenosa nell’infezione da virus dell’epatite C. Per quanto riguarda l’abuso di alcol, la silimarina è in grado di aumentare la vitalità cellulare e di ridurre sia la perossidazione lipidica che la necrosi cellulare. Inoltre, l’uso di silimarina/silibina ha importanti effetti biologici nella steatosi epatica non alcolica. Queste sostanze antagonizzano la progressione della steatosi epatica non alcolica, intervenendo su diversi bersagli terapeutici: stress ossidativo, insulino-resistenza, accumulo di grasso epatico e disfunzione mitocondriale. La silimarina è anche utilizzata nella cirrosi epatica e nel carcinoma epatocellulare che rappresentano stadi terminali comuni di diverse epatopatie modulando diversi modelli molecolari. Pertanto, lo scopo di questa revisione è esaminare gli studi scientifici riguardanti gli effetti derivati ​​dall’uso di silimarina/silibina nelle malattie epatiche croniche, nella cirrosi e nel carcinoma epatocellulare. La silimarina è anche utilizzata nella cirrosi epatica e nel carcinoma epatocellulare che rappresentano stadi terminali comuni di diverse epatopatie modulando diversi modelli molecolari. Pertanto, lo scopo di questa revisione è esaminare gli studi scientifici riguardanti gli effetti derivati ​​dall’uso di silimarina/silibina nelle malattie epatiche croniche, nella cirrosi e nel carcinoma epatocellulare. La silimarina è anche utilizzata nella cirrosi epatica e nel carcinoma epatocellulare che rappresentano stadi terminali comuni di diverse epatopatie modulando diversi modelli molecolari. Pertanto, lo scopo di questa revisione è esaminare gli studi scientifici riguardanti gli effetti derivati ​​dall’uso di silimarina/silibina nelle malattie epatiche croniche, nella cirrosi e nel carcinoma epatocellulare.

 

La silimarina è anche un modulatore della segnalazione degli estrogeni , sensibilizzante dell’insulina, regolatore del trasporto intracellulare di farmaci , anticarcinogeno , antidiabetico attraverso la regolazione del segnale del recettore γ attivato dal proliferatore del perossisoma (PPAR-γ), antifibrotico  e coleretico.

STEATOSI EPATICA NON ALCOLICA

1) EPIDEMIOLOGIA

La “steatosi epatica non alcolica” (NAFLD), quello che chiamiamo volgarmente il “fegato grasso” è un danno epatico non solo collegato a un aumento del rischio di malattie epatiche e altre malattie, ma collegata ad un aumentato rischio di sindrome metabolica, diabete di tipo 2 e malattie correlate al cancro.

Che cosa generi cosa, è al momento una questione aperta.

La NAFLD è diventata la malattia epatica cronica più frequente a causa della crescente prevalenza di obesità e sindrome metabolica; in pratica quintalate di CIBI LIGTH E quintalate di STATINE si sono rivelate inutili.

Poiché non ci sono sintomi identificabili se non la “panza gonfia” o certi dolori dell’addome e della schiena (o del collo), la maggior parte delle persone è sospettata di avere NAFLD sulla base della scoperta involontaria dal parte dello “scienziatoh di famiglia” di livelli sierici elevati di transaminasi (AST/ALT/GGT) o ecografia epatica che dimostrano steatosi epatica diffusa.

La NAFLD viene valutata quantificando IL GRADO (lieve, moderata, severa) di steatosi epatica e fibrosi, e cercando/determinando se vi sono fattori di rischio metabolici (diabete, iper-trigliceridemia, colesterolo altissimo) e cardiovascolari.

Secondo la “SCIENZAH”  il trattamento include:

1) l’esercizio (almeno 150 minuti a settimana di camminata veloce);

2) controllo della dieta (ma fatto a “membro cinofilo”, cioè solo misurando le chilocalorie)

3) controllo del peso (stessa considerazione al punto 2) ridurre del 5-10% il peso corporeo entro i primi 6 mesi;

4) l’evitamento (o riduzione) di farmaci con potenziale tossicità epatica come: paracetamolo (tachipirina), rifampicina (il normix) cimetidina (un vecchio gastroprotettore, con effetti antistaminici) tetraciclina e altri;

5) la terapia di solito viene portata avanti con farmaci epatoprotettivi, farmaci antinfiammatori, farmaci sensibilizzanti rispetto all’insulina e farmaci ipoglicemizzanti.

Questi ultimi due collegati a perdita di magnesio e di vitamine idrosolubili (la B12 in primis) e, ovviamente, al “mantenimento della patologia”, ovvero della causa…

Va bene ….. ormai abbiamo da anni compreso cosa sia la Scienza medica legata ai farmaci (piazzisti e venditori non più medici) e ai protocolli ( perche fare diagnosi e perdere tempo analizzando il paziente?) invece che alla vera medicina basata sulla persona e sulle conoscenze vere alcune di migliaia di anni quindi verificate e provate…

FITO-TERAPIA

Per molto tempo, le terapie a base di erbe sono state utilizzate per trattare malattie epatiche rilevanti, inclusa la NAFLD.

Tra queste, il cardo mariano (Silybum marianum) pianta originaria dell’Europa meridionale e del Nord Africa.

Questa pianta era usato per curare malattie del fegato e della cistifellea già nel IV secolo a.C.

Il cardo mariano ha parecchie proprietà: antinfiammatorie, immunomodulanti, antifibrotiche, antiossidanti e RIGENERANTI IL FEGATI dei pazienti con malattia epatica alcolica, steatosi epatica non alcolica, epatite virale e danno epatico indotto da farmaci (come il paracetamolo e i chemioterapici).

La silibinina – il principale composto attivo del cardo mariano – potrebbe essere il potenziale candidato degli effetti farmacologici per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antifibrotiche.

Ma nonostante il gran numero di dati ottenuti in modelli sperimentali, la traduzione delle prove in ambito clinico era tutt’altro che conclusiva fino a circa 8 anni fa.

L’azione della silibina si manifesta nella modulazione dell’infiammazione e dell’apoptosi:

– agisce attraverso lo spegnimento dei segnali pro-infiammatori,

– l’attività antiossidante è dovuta alla sua capacità di agire sia come scavenging dei radicali liberi sia come inibitori della perossidazione lipidica (come dimostrato in vitro e in vivo).

La silimarina invece (altra sostanza del cardo mariano) è un modulatore della segnalazione degli estrogeni, SENSIBILIZZANTE DELL’INSULINA, regolatore del trasporto intracellulare di farmaci, anti carcinogeno, ANTI-DIABETICO, anti-fibrotico e coleretico (stimola la produzione di bile da parte del fegato).

Il gran numero di azioni svolte dalla silimarina spiega il motivo per cui sono stati effettuati molti studi scientifici per comprenderne l’efficacia in varie patologie:

Nelle malattie reumatiche (come l’artrite reumatoide) la silimarina agisce come antinfiammatorio inibendo la migrazione e l’attivazione dei neutrofili nelle articolazioni;

In diverse malattie oncologiche, come il cancro alla prostata, il cancro cervicale, il carcinoma epatocellulare (HCC), il cancro alla vescica e il cancro ai polmoni, la silimarina riduce la vitalità cellulare e la replicazione cellulare incontrollata;

– Per il suo potere disintossicante, la sua formulazione endovenosa viene utilizzato come FARMACO ANTI EPATOTOSSICO nelle intossicazioni dovute a paracetamolo, arsenico, tetracloruro di carbonio, butirrofenoni, fenotiazine, tossine di Amanita phalloides;

Nell’ipercolesterolemia, la silimarina inibisce il 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A (HMG-CoA) reduttasi, riducendo la sintesi del colesterolo;

– nelle malattie neurologiche e psichiatriche, questa molecola agisce attraverso lo spegnimento dei segnali infiammatori, che sono alla base della degenerazione dei neuroni dopaminergici nel morbo di Parkinson, e migliora il quadro clinico riconducibile al disturbo ossessivo-compulsivo.

Da notare che il ruolo dei prodotti erboristici nella malattia epatica cronica, che attualmente rappresenta uno dei problemi di salute più importanti in circa il 10% della popolazione mondiale, è l’argomento più studiato nella comunità scientifica.

Nelle epatopatie croniche, la silimarina agisce attraverso diversi meccanismi e complesse interazioni biologiche in grado di produrre benefici in diverse patologie, alcune delle quali sono sistemiche e possono coinvolgere il fegato.

I ricercatori hanno studiato a lungo gli effetti biologici che i prodotti naturali come la silimarina hanno su patologie come l’epatite virale, l’epatopatia alcolica (ALD), l’epatite metabolica, nonché sugli stadi terminali comuni delle epatopatie (cirrosi e HCC) su cui la silimarina svolge un’importante azione biologica.

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LINK DI APPROFONDIMENTO

La pianta Silybum marianum: fitochimica, etnofarmacologia ed evidenze cliniche (2021)

https://www.sciencedirect.com/…/abs/pii/S0378874120331858

Silibina, un importante componente del cardo mariano ( Silybum marianum) – Chimica, biodisponibilità e metabolismo (2017)

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6150307/

Silimarina/Silibina e malattia epatica cronica: un matrimonio di molti anni (2017) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6155865/

Una revisione delle potenzialità terapeutiche del cardo mariano (Silybum marianum) e del suo principale costituente, la silimarina, sul cancro e i relativi brevetti (2022) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9588316/

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