END thyroid gland itLa tiroide è una piccola ghiandola con un diametro trasversale di circa 5 cm, situata sotto la pelle e inferiormente al pomo di Adamo. Le due metà (lobi) della ghiandola sono connesse nella parte centrale (detta istmo), che conferisce alla tiroide la forma di un cravattino. Normalmente la tiroide non si vede e può essere a malapena palpata, ma se aumenta di dimensioni, il medico può percepirla facilmente alla palpazione e può comparire una massa prominente (gozzo) al di sotto o ai lati del pomo di Adamo.

La tiroide secerne gli ormoni tiroidei che controllano la velocità con cui si svolgono i processi chimici dell’organismo (metabolismo). Gli ormoni tiroidei influenzano il metabolismo in due modi:

Stimolando quasi tutti i tessuti dell’organismo a produrre proteine
Aumentando la quantità di ossigeno utilizzato dalle cellule

1290441826665 avviso 1 1Gli ormoni tiroidei influenzano molte funzioni vitali dell’organismo, come la frequenza cardiaca, la velocità con cui sono bruciate le calorie, l’integrità della pelle, la crescita, la produzione di calore, la fertilità e la digestione.

 

Iodio e tiroide “L’ormone tiroideo ha come elemento fondamentale lo iodio – conclude l’endocrinologo – di cui occorre garantire all’organismo un costante apporto nutrizionale. Spesso questo elemento è insufficiente; ecco che l’utilizzo di sale iodato per condire le pietanze, l’assunzione di determinati cibi (come ad esempio pesce, molluschi, alghe marine e uova) o un soggiorno al mare possono essere di aiuto e compensare in parte la sua carenza. Oltre alla terapia sostitutiva, che va comunque mantenuta, possono venirci in aiuto piccole accortezze nel nostro stile di vita”

Ormoni tiroidei
Gli ormoni tiroidei sono due

T4: tiroxina (anche detta tetraiodotironina)
T3: Triiodotironina

La T4, il principale ormone prodotto dalla tiroide, eventualmente ha solo un effetto minimo sulla stimolazione del metabolismo dell’organismo. Infatti, la T4 è convertita in T3, l’ormone più attivo. La conversione di T4 in T3 avviene nel fegato e in altri tessuti. Numerosi fattori controllano la conversione di T4 in T3, comprese le richieste dell’organismo e la presenza o meno di altre patologie.

La maggior parte della T4 e della T3 nel sangue viene trasportata da una proteina chiamata globulina legante la tiroxina. Solo una piccola parte della T4 e della T3 circola liberamente nel sangue. Tuttavia, è questo l’ormone attivo. Quando l’ormone libero viene usato dall’organismo, una parte dell’ormone legato viene rilasciato dalla proteina legante.

Per produrre gli ormoni tiroidei, la tiroide necessita di iodio, un elemento contenuto negli alimenti e nell’acqua. La tiroide intrappola lo iodio e lo incorpora negli ormoni tiroidei. Quando vengono utilizzati gli ormoni tiroidei, una parte dello iodio contenuta negli ormoni viene rilasciata e ritorna alla tiroide, dove viene riutilizzata per produrre altri ormoni. Stranamente, la tiroide rilascia quantitativi leggermente inferiori di ormoni se esposta a livelli elevati di iodio nel sangue.

La tiroide produce anche l’ormone calcitonina, che partecipa al mantenimento della massa ossea favorendo la fissazione del calcio nelle ossa.

In che modo l’organismo regola gli ormoni tiroidei
L’organismo possiede un meccanismo complesso per regolare il livello degli ormoni tiroidei. Prima di tutto, l’ipotalamo, situato nel cervello subito sopra l’ipofisi, secerne l’ormone di rilascio della tireotropina, che stimola la produzione da parte dell’ipofisi dell’ormone tireostimolante (TSH). Come suggerisce il nome, il TSH stimola la tiroide a produrre gli ormoni tiroidei. L’ipofisi riduce o aumenta il rilascio di TSH, in base all’aumento o alla riduzione dei livelli di ormoni tiroidei in circolo nel sangue.

Esami diagnostici della tiroide

Esami della funzionalità tiroidea

Di solito, per controllare il grado di funzionalità della tiroide vengono misurati i livelli ormonali nel sangue. Vengono misurati i livelli di:

  • TSH

  • T4

  • T3

In genere l’ormone tireostimolante è il migliore indicatore della funzionalità tiroidea. Poiché il ruolo di questo ormone è stimolare la tiroide, il suo livello nel sangue è alto quando la tiroide è ipoattiva (e quindi ha bisogno di una maggiore stimolazione) e basso quando la tiroide è iperattiva (e quindi ha bisogno di una minore stimolazione). Tuttavia, nei rari casi in cui l’ipofisi non funziona normalmente, il livello del TSH non riflette in modo attendibile la funzionalità tiroidea.

Quando si misurano i livelli degli ormoni tiroidei T4 e T3 nel sangue, generalmente si misurano sia le forme legate che quelle libere di ciascun ormone (T4 totale e T3 totale). La maggior parte dei livelli circolanti di T4 e T3 è legata a una proteina chiamata globulina legante la tiroxina. In caso di livello anomalo della globulina legante la tiroxina, i livelli degli ormoni tiroidei totali possono essere interpretati in modo errato; per questo motivo a volte vengono misurati solo i livelli degli ormoni liberi nel sangue. Il livello di globulina legante la tiroxina è più basso nei soggetti con patologie renali o malattie che riducono la sintesi proteica da parte del fegato oppure che assumono steroidi anabolizzanti. Il livello è più alto nelle donne in gravidanza o che assumono contraccettivi orali o altre forme di estrogeni e nei soggetti con epatite in fase iniziale.

Ecografia tiroidea

Se un medico riesce a palpare una o più neoformazioni (noduli) della tiroide, prescrive un’ecografia. L’ecografia utilizza onde sonore per misurare le dimensioni della ghiandola e per determinare se la neoformazione è solida o piena di liquido (cistica), quali sono le caratteristiche del nodulo come la presenza o l’assenza di calcio, nonché la vascolarità della tiroide.

In un altro tipo di esame (chiamato test di captazione dello iodio radioattivo, un tipo di scintigrafia), viene iniettata nel sangue una piccola quantità di una sostanza radioattiva (come iodio o tecnezio). Il materiale radioattivo si concentra nella tiroide e un dispositivo (gamma camera) effettua un altro tipo di scansione che rileva la radiazione e ricostruisce l’immagine della tiroide mostrando le eventuali anomalie morfologiche presenti.

Poiché la tiroide capta lo iodio radioattivo a seconda del suo livello di funzionamento, la scintigrafia tiroidea consente anche di stabilire se la funzionalità di una particolare area della tiroide sia normale, aumentata o ridotta rispetto al resto della ghiandola.

Altri esami della tiroide

Se il medico sospetta una malattia autoimmune, viene eseguito un esame del sangue per cercare gli anticorpi che stanno attaccando la tiroide.

Se si sospetta un tumore della tiroide, di solito si utilizza un piccolo ago per ottenere un campione di tessuto tiroideo per lo studio (una biopsia). Il medico in genere individua il sito della biopsia con l’ecografia.

Se si sospetta un tumore midollare della tiroide, viene misurato il livello ematico della calcitonina, dal momento che questi tumori secernono sempre calcitonina.

Screening per i disturbi della tiroide

Alcuni esperti raccomandano lo screening per la malattia tiroidea misurando il livello di ormone tireostimolante nel sangue in soggetti di età superiore a 70 anni ogni anno o ogni pochi anni, sebbene una serie di organismi medici che hanno esaminato questa questione raccomandino di non sottoporre a screening gli adulti realmente asintomatici per evitare di eccedere nel trattamento di soggetti che presentano solo lievi anomalie di laboratorio. Lo screening è raccomandato per tutti i neonati per rilevare l’ipotiroidismo congenito, che, se non viene trattato, può causare gravi difetti nello sviluppo del cervello e di altri organi.

le alterazioni della tiroide 

L’invecchiamento di per sé ha solo effetti secondari sulla tiroide e sugli ormoni tiroidei. Con l’invecchiamento, la tiroide si riduce e scivola nella parte inferiore del collo. I livelli dell’ormone tiroideo triiodotironina (T3) possono diminuire leggermente, ma la velocità delle funzioni vitali subisce lievissime variazioni. Tuttavia, i disturbi della tiroide si verificano più frequentemente con l’avanzare dell’età.

I disturbi che colpiscono la funzionalità tiroidea, in particolare l’ ipertiroidismo e l’ ipotiroidismo, sono frequentemente sottodiagnosticati negli anziani. Tali disturbi infatti spesso causano sintomi che vengono facilmente scambiati per sintomi di altre condizioni o anche come segni dell’invecchiamento.

L’aumento o la diminuzione della funzionalità tiroidea può peggiorare notevolmente le condizioni di salute di un anziano e può diminuire in modo significativo la capacità di svolgere le attività quotidiane. Per questi motivi, tali disturbi devono essere identificati e riconosciuti per ciò che sono ed essere trattati in modo efficace.

Tiroidite di Hashimoto
(tiroidite autoimmune)

La tiroidite di Hashimoto è un’infiammazione autoimmune cronica della tiroide.

Si ritiene che la patologia sia dovuta a una reazione autoimmune attraverso cui gli anticorpi nell’organismo attaccano le cellule della tiroide.
Inizialmente, la tiroide può funzionare normalmente, essere ipoattiva (ipotiroidismo) oppure, di rado, iperattiva (ipertiroidismo).
La maggior parte dei soggetti sviluppa alla fine ipotiroidismo.
Di solito, i soggetti affetti da ipotiroidismo si sentono stanchi e non tollerano il freddo.
La diagnosi si basa sugli esiti dell’esame obiettivo e degli esami del sangue.
I soggetti con ipotiroidismo devono assumere ormoni tiroidei per il resto della vita.
La tiroidite indica un’infiammazione della tiroide. L’infiammazione della tiroide può essere causata da un’infezione virale o una malattia autoimmune.

La tiroidite di Hashimoto è il tipo di tiroidite più comune ed è la causa più frequente di ipotiroidismo. Per motivi ancora non noti, l’organismo attacca se stesso (reazione autoimmune). La tiroide viene invasa dai globuli bianchi e vengono creati anticorpi che attaccano la tiroide (anticorpi antitiroidei).

In circa il 50% dei soggetti con tiroidite di Hashimoto la tiroide è inizialmente ipoattiva. Nella maggior parte del restante 50%, la tiroide funziona normalmente all’inizio (anche se in un numero ridotto di soggetti, la ghiandola inizialmente diventa iperattiva) e, in seguito, diventa ipoattiva.

Alcuni soggetti con tiroidite di Hashimoto presentano altre patologie endocrine, come diabete, ghiandole surrenali ipoattive o paratiroidi ipoattive e altre malattie autoimmuni, come ad esempio anemia perniciosa, artrite reumatoide, sindrome di Sjögren o lupus eritematoso sistemico (lupus).

La tiroidite di Hashimoto è più comune fra le donne, soprattutto quelle più anziane, e tende a presentarsi in diversi soggetti della stessa famiglia. Insorge più frequentemente nei soggetti con anomalie cromosomiche come la sindrome di Down, la sindrome di Turner e la sindrome di Klinefelter.

Sintomi della tiroidite di Hashimoto

La tiroidite di Hashimoto spesso si manifesta con l’ingrossamento asintomatico della tiroide o con una sensazione di pienezza del collo. La ghiandola di solito ha una consistenza gommosa e qualche volta presenta un aspetto nodulare. Se la tiroide è ipoattiva, i soggetti possono avvertire stanchezza e intolleranza al freddo e presentare altri sintomi di ipotiroidismo. I pochi soggetti che presentano una tiroide iperattiva (ipertiroidismo) inizialmente possono avere palpitazioni, nervosismo e intolleranza al calore.

Diagnosi di tiroidite di Hashimoto

Test di funzionalità tiroidea (TSH e T4; T3 se si sospetta ipertiroidismo)
Anticorpi anti-tiroide
Talvolta, ecografia tiroidea
Il medico esegue un esame della tiroide. È possibile che venga eseguita un’ecografia tiroidea, se la tiroide sembra avere dei bozzi (noduli). Vengono misurati i livelli degli ormoni tiroidei tiroxina (T4), e triiodotironina (T3) se si sospetta ipertiroidismo, nonché dell’ormone tireostimolante (TSH, un ormone prodotto dall’ipofisi per stimolare la tiroide a produrre gli ormoni tiroidei) nel sangue per stabilire il grado di funzionalità della tiroide (esami della funzionalità tiroidea). Viene inoltre eseguito un esame del sangue per la ricerca di anticorpi che possono attaccare la tiroide.

Trattamento medico della tiroidite di Hashimoto

Di solito, ormone tiroideo sostitutivo quando il paziente è clinicamente ipotiroideo e il livello di TSH è elevato nel sangue
Limitazione dell’apporto di iodio negli alimenti o negli integratori alimentari
La maggior parte dei soggetti sviluppa alla fine ipotiroidismo e quindi deve assumere una terapia sostitutiva con ormoni tiroidei per il resto della vita. La terapia ormonale è utile anche per ridurre le dimensioni di una tiroide ingrossata.

I soggetti con tiroidite di Hashimoto che non assumono ormoni tiroidei sostitutivi devono evitare dosi elevate di iodio (che possono causare ipotiroidismo) da fonti naturali, come alghe e compresse di alghe; tuttavia, sono consentiti sale iodato e pane arricchito con iodio perché contengono quantità inferiori di iodio.

Ipotiroidismo

L’ipotiroidismo è una disfunzione della tiroide caratterizzata da un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. Questa condizione determina un rallentamento dei processi metabolici dell’organismo che in una fase iniziale non si manifesta con sintomi evidenti ma, se non trattata, può comportare conseguenze serie per la salute.

Quali sono le cause dell’ipotiroidismo?

Nella maggior parte dei casi l’ipotiroidismo è acquisito, si manifesta cioè in età adulta in seguito a varie cause scatenanti, tra cui: carenza di iodiotiroiditi autoimmuni (come la tiroidite di Hashimoto); assunzione di alcuni farmaci (come il litio, spesso usato in ambito psichiatrico, e l’amiodarone, prescritto in presenza di aritmie cardiache); terapia con iodio radioattivo; asportazione della tiroide (tiroidectomia); alterazioni della funzione dell’ipofisi, ghiandola endocrina localizzata in prossimità dell’encefalo che mediante un ormone denominato TSH (Thyroid Stimulating Hormone) ha il ruolo di regolare la funzione tiroidea.

Esiste anche una forma di ipotiroidismo congenito (presente cioè dalla nascita), che può derivare da condizioni genetiche predisponenti o da una grave carenza materna di iodio in gravidanza. L’ipotiroidismo congenito è una forma che deve essere riconosciuta e trattata in tempi stretti per evitare conseguenze gravi e irreversibili al neonato, soprattutto a carico del sistema nervoso centrale. Per tale motivo, attualmente in Italia è previsto uno screening obbligatorio della funzione tiroidea per ogni nuovo nato.

Quali sono i sintomi dell’ipotiroidismo?

In una prima fase l’ipotiroidismo acquisito può essere asintomatico, per poi manifestarsi con sintomi che possono variare in relazione a età di insorgenza, gravità e durata della malattia.

In linea generale, i sintomi più comuni comprendono:

  • Stanchezza sonnolenza eccessive
  • Stipsi
  • Aumento di peso
  • Frequenza cardiaca rallentata
  • Secchezza e pallore cutanei
  • Intolleranza al freddo
  • Voce rauca
  • Perdita della memoria e difficoltà di concentrazione
  • Rallentamento dell’eloquio
  • Debolezza muscolare e crampi
  • Ipercolesterolemia
  • Ciclo mestruale irregolare
  • Capelli fragili e sottili
  • Volto e palpebre gonfie
  • Depressione.

In casi di ipotiroidismo grave si può verificare anche una condizione definita mixedema, caratterizzato da un accumulo di liquidi nei tessuti, in particolare nella pelle e nei muscoli, contribuendo al gonfiore cutaneo e alla riduzione delle performance muscolari e cardiaca. Tale condizione può degenerare fino al cosiddetto coma mixedematoso, che rappresenta la complicanza estrema dell’ipotiroidismo severo non trattato.

L’ipotiroidismo congenito, invece, si può manifestare con:

  • Difficoltà nella respirazione
  • Ittero
  • Costipazione
  • Disturbi della suzione
  • Ingrossamento della lingua
  • Pianto rauco
  • Difficoltà a mantenere capo eretto e posizione seduta
  • Ritardo della maturazione ossea.

Ipertiroidismo

L’ipertiroidismo è una disfunzione tiroidea associata a un eccesso in circolo di ormoni tiroidei, con inevitabili conseguenze sul metabolismo. Questa condizione determina, infatti, un’impropria accelerazione dei processi metabolici dell’organismo, con potenziali ripercussioni su diversi distretti corporei, tra cui la funzione cardiaca e il metabolismo osseo.

Quali sono le cause dell’ipertiroidismo?

Tra i fattori che possono determinare ipertiroidismo ricordiamo:

  • Morbo di Basedow-Graves: forma di tiroidite autoimmune, nota anche come gozzo tossico diffuso);
  • Noduli tiroidei: in un quadro digozzo tossico multinodulare o adenoma tossico (detto anche malattia di Plummer);
  • Tiroiditi (condizioni infiammatorie che causano il rilascio nel sangue dell’ormone immagazzinato nella tiroide);
  • Farmaci (per esempio interferone, amiodarone).

Quali sono i sintomi dell’ipertiroidismo?

I sintomi associati a una condizione di ipertiroidismo comprendono:

  • Perdita improvvisa di peso
  • Aumento dell’appetito
  • Tachicardia
  • Aritmia o palpitazioni
  • Ansia
  • Nervosismo, irrequietezza e irritabilità
  • Tremori
  • Sudorazione intensa
  • Ciclo mestruale irregolare
  • Intolleranza al caldo
  • Disturbi intestinali
  • Stanchezza
  • Debolezza muscolare
  • Disturbi del sonno
  • Assottigliamento della pelle
  • Fragilità dei capelli
  • Oftalmopatia di Graves (occhi sporgenti, o esoftalmo, che si presentano con il morbo di Basedow-Graves)
  • Febbre e dolore al collo (in genere in presenza di tiroiditi subacute).

Ipertiroidismo: quali esami fare per la diagnosi?

La diagnosi richiede in genere una visita specialistica endocrinologica, durante la quale il medico raccoglie un’anamnesi accurata del paziente valutandone storia clinica e sintomatologia, e svolge un esame fisico accurato per valutare eventuali segni o sintomi caratteristici. In  genere viene prescritto un esame del sangue per valutare la funzionalità tiroidea (dosaggio degli ormoni TSH, FT3, T4) e per valutare la presenza di patologia autoimmune (dosaggio degli anticorpi anti-tireoglobulina, anticorpi anti-tireoperossidasi, anticorpi anti-recettore del TSH). A titolo complementare, il medico può eventualmente prescrivere se necessario un’ecografia e una scintigrafia della tiroide.

Come si cura l’ipertiroidismo?

Il trattamento per l’ipertiroidismo viene personalizzato in base alla causa scatenante e anche alle caratteristiche del paziente (età, storia clinica, gravità dei sintomi).

Se alla base c’è il morbo di Basedow-Graves, la terapia è farmacologica, con la prescrizione di farmaci antitiroidei; in caso di recidiva della malattia o di mancata risposta al trattamento, potrebbero essere necessarie una terapia radiometabolica (con iodio radioattivo) o un intervento chirurgico (tiroidectomia).

In caso di tiroiditi subacute, invece, la terapia di scelta è rappresentata dai cortisonici.

Se l’ipertiroidismo è associato a gozzo (nodulare o meno) il trattamento deve essere personalizzato a seconda del quadro clinico del paziente. Le strategie terapeutiche incluno il trattamento radiometabolico con Iodio radioattivo o terapie locali (chirurgia o radiologia interventisca).

Chi soffre di ipertiroidismo dovrebbe limitare l’apporto di iodio, presente in determinati cibi (come il sale iodato, le alghe o i crostacei o altri alimenti indicati dal medico) ma anche in alcuni farmaci e integratori (che è bene quindi non assumere senza il parere del medico).

Occorre poi monitorare eventuali carenze di vitamina D e calcio, in modo da poterle correggere (l’ipertiroidismo può a lungo andare determinare osteopenia e osteoporosi).

Quali sono le cause dei noduli alla tiroide?

La causa principale alla base della formazione di noduli è una carenza di iodio.

Non dimentichiamo che un consumo pressoché esclusivo di cavoli, cavolfiori e altri membri della famiglia delle brassicacee può aumentare le probabilità di sviluppo nodulare, per quanto sia uno scenario difficilmente ipotizzabile, soprattutto in virtù delle abitudini alimentari italiane.

Come già ricordato, il 3-5% dei noduli è di origine tumorale, maligna, cioè sono dovuti a una trasformazione in senso maligno di una o più cellule tiroidee con conseguente crescita incontrollata; si tratta in genere di tumori a crescita lenta e poco aggressivi.

Quali sono i sintomi dei noduli alla tiroide?

I noduli tiroidei sono spesso delle presenze silenziose, che vengono scoperte per puro caso; infatti, si parla di incidentalomi, ovvero di noduli identificati accidentalmente in occasione di consultazioni/esami di altra natura, come un ecocolordoppler dei vasi sovraortici o una risonanza magnetica della colonna vertebrale.

Qualora presenti, i sintomi comprendono:

  • Difficoltà di deglutizione e/o respirazione
  • Senso di costrizione al collo.

Più di rado, i noduli possono anche produrre un eccesso di ormoni tiroidei, determinando così quadri di ipertiroidismo con sintomi come tachicardia, perdita improvvisa di peso, aumento dell’appetito, ecc.

Noduli alla tiroide: quali esami fare per la diagnosi?

Il 5-10% circa dei noduli viene diagnosticato con la semplice ispezione e palpazione del collo.

Le tecnologie diagnostiche più moderne, in particolare l’ecografia tiroidea, hanno permesso negli ultimi anni di individuare un numero crescente di noduli, anche di dimensioni molto piccole, che sfuggirebbero alla palpazione. La gran parte dei noduli oggi individuati, tuttavia, non  sono rilevanti da un punto di vista clinico, motivo per cui bisognerebbe ricorrere all’ecografia solo in caso di sospette patologie tiroidee e non come strumento di screening generalizzato.

In base alle caratteristiche ecografiche, lo specialista endocrinologo saprà valutare quali noduli possano essere realmente a rischio di malignità e pertanto potrà eventualmente richiedere ad approfondimento un prelievo di cellule tramite agoaspirato, che sarà poi oggetto di analisi citologica al microscopio.

Noduli alla tiroide: come si curano?

Il trattamento differisce in base alla natura del nodulo stesso:

  • Nodulo sicuramente benignonon funzionante (ovvero non legato a ipertiroidismo) e di piccole dimensioni: in assenza di sintomi potrà essere consigliato anche solo un monitoraggio ecografico periodico.
  • Nodulo sicuramente benigno di dimensioni maggiori: in presenza di sintomi quali disfonia, disfagia, compressione o deviazione tracheale,  si potrà valutare con l’endocrinologo di riferimento un’eventuale soluzione chirurgica o altra terapia locale.
  • Nodulo iperfunzionante  (per definizione benigno e  associato a ipertiroidismo): si valuta se optare per la chirurgia o per il trattamento radiometabolico con iodio.
  • Nodulo con caratteristiche sospette per malignità: sarà da discutere con l’endocrinologo di riferimento l’eventuale asportazione chirurgica di una parte o dell’intera tiroide. Si privilegia un trattamento il più possibile personalizzato, basato sul rischio individuale, che permette di eseguire terapie meno invasive per i casi a prognosi buona, riservando quelle più complete alle forme più aggressive. Nel 90% dei casi la chirurgia porta a guarigione definitiva, talvolta in caso di forme invasive potrà essere associata la terapia radiometabolica.

 

 

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